
Parliamo di aspettativa di vita: negli ultimi decenni in Europa ha continuato a crescere, ma dal 2011 questo progresso ha subito un notevole rallentamento, Italia compresa. È quanto emerge da una ricerca condotta dall’University of East Anglia (UEA) e dai suoi partner, pubblicata sulla prestigiosa rivista scientifica The Lancet Public Health.
Se fino al 2011 la longevità europea mostrava un miglioramento costante, i dati successivi rivelano una crescita sempre più contenuta. La pandemia di Covid-19, inoltre, ha influito negativamente, determinando un calo significativo tra il 2019 e il 2021. L'analisi evidenzia quindi l'importanza di affrontare i fattori di rischio principali per la salute pubblica e di implementare strategie efficaci per invertire questa tendenza.
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Italia: un trend in discesa
L'Italia non fa eccezione. Secondo la ricerca, tra il 1990 e il 2011, l’aspettativa di vita nel nostro Paese è cresciuta in media di 0,24 anni all'anno. Tuttavia, tra il 2011 e il 2019, questo aumento si è ridotto a 0,16 anni all'anno, segno di un rallentamento progressivo. Con l’arrivo della pandemia di Covid-19, il trend ha subito una drastica inversione: tra il 2019 e il 2021, l'Italia ha registrato una perdita media annua di 0,36 anni di aspettativa di vita.
Se la situazione italiana appare preoccupante, il caso più critico si riscontra in Inghilterra, dove il rallentamento è stato ancora più marcato. Questo scenario impone una riflessione profonda sulle cause di questa tendenza e sulle strategie da adottare per contrastarla.
Le cause del rallentamento della longevità
Gli esperti identificano diversi fattori che hanno contribuito a questa frenata nell’aumento dell’aspettativa di vita. Tra i più significativi troviamo:
- Abitudini alimentari poco sane, con un consumo eccessivo di cibi ultra-processati e ricchi di zuccheri e grassi.
- Sedentarietà e inattività fisica, sempre più diffuse nella popolazione.
- Obesità, che ha raggiunto livelli allarmanti in molti Paesi europei.
- Malattie cardiovascolari, il principale fattore che ha limitato i miglioramenti nella longevità tra il 2011 e il 2019.
- Covid-19, che ha drasticamente ridotto l’aspettativa di vita tra il 2019 e il 2021, aggravando una tendenza già in atto.
Secondo Steel, uno degli autori della ricerca, le malattie cardiovascolari hanno avuto un impatto determinante, con fattori di rischio come ipertensione, colesterolo alto e obesità in crescita o stagnazione in quasi tutti i Paesi analizzati. Se da un lato i progressi nei trattamenti per la pressione alta e il colesterolo hanno contribuito a migliorare la salute, dall’altro non sono stati sufficienti a compensare gli effetti negativi di una cattiva alimentazione e dell’aumento del peso corporeo nella popolazione.
L’importanza delle politiche sanitarie
La ricerca si è basata sui dati del Global Burden of Disease 2021, la più completa analisi globale sulla perdita di salute, elaborata dall’Institute of Health Metrics and Evaluation (IHME). Lo studio ha preso in esame la variazione dell’aspettativa di vita, le cause di morte e l’esposizione ai principali fattori di rischio in diversi Paesi europei, confrontando tre periodi chiave: 1990-2011, 2011-2019 e 2019-2021.
Tra i Paesi analizzati figurano Italia, Austria, Belgio, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Islanda, Irlanda, Lussemburgo, Paesi Bassi, Norvegia, Portogallo, Spagna, Svezia, Inghilterra, Irlanda del Nord, Scozia e Galles.
I risultati mostrano che le politiche sanitarie nazionali giocano un ruolo determinante. Paesi come Norvegia, Islanda, Svezia, Danimarca e Belgio hanno dimostrato una maggiore resilienza dopo il 2011, riuscendo a contenere i danni causati dalle malattie cardiache grazie a efficaci strategie di salute pubblica.
Secondo gli esperti, questi Stati hanno saputo affrontare meglio i fattori di rischio, adottando politiche mirate alla prevenzione dell’obesità, alla promozione dell’attività fisica e al miglioramento della qualità dell’alimentazione. Questo ha consentito loro di mantenere un’aspettativa di vita più elevata rispetto ad altri Paesi europei.
Un limite biologico non ancora raggiunto
Nonostante il rallentamento, gli studiosi sottolineano che il limite naturale della longevità umana non è stato ancora raggiunto. Secondo Steel, l'aspettativa di vita delle persone anziane in molti Paesi continua a migliorare, dimostrando che esistono ancora margini di crescita.
"L'aspettativa di vita riflette principalmente la mortalità in età più giovane", spiega Steel. "Questo significa che abbiamo ancora molte possibilità per ridurre i rischi e prevenire le morti premature. I Paesi che hanno adottato politiche sanitarie efficaci hanno mostrato una migliore capacità di affrontare gli choc futuri e di garantire una longevità più elevata alla popolazione".
Tra preoccupazione e speranza
Lo studio lancia un segnale d’allarme, ma offre anche motivi di ottimismo. John Newton, dell’European Centre for Environment and Human Health dell’Università di Exeter, evidenzia come questi risultati debbano essere letti con una doppia prospettiva.
"Da un lato, dobbiamo essere preoccupati perché molti Paesi europei stanno mostrando progressi sempre più lenti nell’aumento dell’aspettativa di vita", afferma Newton. "Dall’altro, possiamo essere fiduciosi, perché affrontare le cause principali delle malattie croniche si è dimostrato efficace. Il problema è riuscire a sostenere questi miglioramenti nel tempo".
L’invito rivolto ai governi è chiaro: investire in coraggiose iniziative di salute pubblica, promuovendo stili di vita sani già dalla giovane età. Solo così sarà possibile invertire questa tendenza e garantire alle future generazioni una vita più lunga e in salute.