microbioma olobiotico

È stato presentato nei giorni scorsi nel Salone del Palazzo del Rettorato dell'Università di Torino il nodo italiano dell'infrastruttura di ricerca MIRRI-ERIC, il Consorzio europeo per la conservazione, la caratterizzazione, la distribuzione e la valorizzazione di biodiversità e risorse microbiche. MIRRI-ERIC riunisce 50 Centri di risorse di dominio microbiologico (mBRCs), collezioni di colture e istituti di ricerca. L'iniziativa offrirà alle comunità bioscientifiche e bioindustriali un unico punto di accesso a un'ampia varietà di microrganismi di alta qualità, ai loro derivati, ai dati e ai servizi correlati, con particolare attenzione ai settori della salute, dell'agroalimentare, dell'energia e dell'ambiente. Il Nodo Nazionale italiano MIRRI-IT sarà rappresentato dal CNR e dall'Università di Torino, che ne coordinerà le attività nell'ambito del National Coordinators Forum delle Infrastrutture.

Il ruolo dell’Italia nella ricerca microbica

Il 90% della biodiversità microbica deve ancora essere scoperto, e l'Italia, essendo un hotspot di biodiversità mondiale, ha un ruolo strategico. Dal 2017, con la nascita della Joint Research Unit MIRRI-IT, che riunisce 27 istituzioni, la comunità microbiologica italiana ha fatto progressi significativi, anche grazie al Progetto PNRR SUS-MIRRI.IT ("Strengthening the MIRRI-IR Research Infrastructure for Sustainable Bioscience and Bioeconomy"), coordinato dall'Università di Torino.

L'Italia è tra i pochi Paesi al mondo a vantare un network di collezioni microbiche che comprende tutte le principali tipologie di microrganismi (virus, batteri e archea, funghi filamentosi e lieviti, microalghe) e un folto gruppo di esperti attivo in settori strategici per lo sviluppo del Paese. Le collezioni di microrganismi sono essenziali per:

  • la sorveglianza e la diagnosi rapida di patogeni
  • lo sviluppo di tecnologie per la bonifica ambientale
  • la scoperta di nuove molecole bioattive per il settore farmaceutico e cosmetico
  • la produzione di biomateriali innovativi

L'importanza della biodiversità microbica

L'importanza della biodiversità microbica

"La biodiversità microbica ha un'importanza fondamentale per la salute dei vegetali, degli animali e dell'uomo", spiega Antonio Moretti, direttore del CNR-ISPA e delegato nazionale CNR in MIRRI-ERIC. "Approfondirne la conoscenza è essenziale per il progresso della ricerca e dell'innovazione nelle scienze della vita e nella biotecnologia, oltre che per una bioeconomia sostenibile, competitiva e resiliente. La caratterizzazione dei microbiomi e la comprensione delle loro funzioni permettono di sviluppare strategie per un'agricoltura più sostenibile e competitiva".

Anche Giovanna Cristina Varese, Coordinatrice del Nodo Nazionale delle collezioni di microrganismi, sottolinea il valore scientifico ed economico di questa risorsa: "I microrganismi sono la forma di vita predominante sul pianeta e fondamentali per gli ecosistemi. La loro biodiversità va considerata un patrimonio scientifico e industriale, con ricadute su economia e finanza".

Ogni parte del corpo, avendo caratteristiche diverse (ad esempio, diverso pH, maggiore o minore esposizione all’ossigeno) può essere considerata una nicchia ecologica, dove si selezionano popolazioni microbiche diverse (Blekhman et al., 2015; Caporaso et al., 2011).

Miliardi di microrganismi

Si stima che il corpo umano sia abitato da migliaia di miliardi di microrganismi, un numero di cellule microbiche circa dieci volte superiore a quello delle cellule umane. Queste popolazioni microbiche non sono solo numericamente rilevanti, ma portano con sé miliardi di geni, quindi, di potenziali attività che i microrganismi possono svolgere nel corpo umano, influenzando in questo modo la nostra salute. In un adulto, circa 2 kg di cellule microbiche risiedono nell’intestino e complessivamente costituiscono il “microbioma intestinale”. Il microbioma intestinale rappresenta sicuramente la popolazione più numerosa e l’ecosistema maggiormente studiato. È un ecosistema estremamente complesso, che include microrganismi appartenenti ai diversi regni (batteri, funghi, protozoi, Archaea) ed anche virus.

Per quanto riguarda la componente batterica, sono state riportate quasi 5000 specie diverse, di cui molte sconosciute (Pasolli et al., 2019; Almeida et al., 2021). Infatti, si stima che circa il 70% dei microrganismi presenti nell’intestino umano non sia coltivabile (Pasolli et al., 2019; Almeida et al., 2021), ovvero, non sia possibile, allo stato attuale delle conoscenze, coltivare questi microrganismi in laboratorio, perché non conosciamo le loro esigenze nutrizionali, e quindi non siamo in grado di riprodurle nei mezzi di crescita sintetici, inoltre, sono estremamente sensibili all’ossigeno, ed un’esposizione anche minima ne può causare la morte. Ciò ha fortemente limitato le nostre conoscenze sul microbioma umano fino all’avvento delle nuove tecnologie di sequenziamento, avvenuto circa 15 anni fa, che ci ha permesso di identificare i microrganismi presenti in un ambiente senza la preventiva coltivazione in laboratorio, basandoci esclusivamente sull’analisi del loro materiale genetico.

La biodiversità microbica ha un impatto diretto sulla salute umana, essendo coinvolta in numerose patologie infettive e croniche. Batteri, virus, funghi e altri microrganismi possono causare infezioni respiratorie, gastrointestinali, cutanee e sistemiche, oltre a essere implicati in malattie autoimmuni e metaboliche.

Gli esami diagnostici associati includono colture microbiologiche, test molecolari (PCR), sequenziamento genomico, analisi del microbioma e metodi sierologici per identificare agenti patogeni e monitorare lo stato di salute del microbiota. Una ricerca avanzata sulle risorse microbiche è essenziale per sviluppare nuovi approcci diagnostici, terapeutici e preventivi. Un check up completo per bambini e adulti di fronte a sintomi conclamati è la prima strada da percorrere. Al primo posto naturalmente ci sono gli esami del sangue.

Un'opportunità strategica per l’Italia

"Aderire all'Infrastruttura di Ricerca europea MIRRI-ERIC è una grande opportunità per l'Italia, permettendo di accedere a fondi di ricerca esclusivi e partecipare a progetti strategici europei", afferma Stefano Geuna, Rettore dell'Università di Torino. "L'Università di Torino è orgogliosa di guidare questa iniziativa, che riconosce l'Italia come un'eccellenza nel settore".

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