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Le sfide della nostra sanità, nel complesso panorama delle cure tumorali femminili, hanno compiuto decisamente passi da gigante. La netta diminuzione della mortalità, nei tumori femminili, prima di tutto per quanto riguarda il tumore della mammella, sono corroborati da dati autorevoli che sono sotto gli occhi di tutti, ma ad oggi ancora si muore, sia chiaro, di tumore al seno e naturalmente, per quanto riguarda le malattie oncologiche femminili, anche e soprattutto di tumore alle ovaie. I passi da gigante, in tal senso, sono stati compiuti ma la strada è ancora tutta in salita.

Tumore al seno: passi da gigante ma la sfida non è vinta

I numeri dicono che diminuisce in Italia la mortalità per tumore del seno tra le pazienti più giovani. In un arco di 15 anni, tra il 2006 al 2021, la riduzione complessiva per le donne under 50 è stata del 16%. Un risultato che apre ad una serie di nuove problematiche da gestire per i clinici tra cui la preservazione della fertilità. Un ambito quest’ultimo dove gli specialisti italiani si stanno dando un bel da fare. Battaglia diversa, ma non meno strenua e carica di buoni risultati è quella per il tumore delle ovaie dove la mortalità è più alta.

Tumore alle ovaie: strada tutta in salita nonostante i passi in avanti

Nel caso del tumore delle ovaie la sopravvivenza a cinque anni dalla diagnosi di cancro dell’ovaio è oggi pari al 43 per cento circa. Nel 20 per cento dei casi in cui il tumore viene diagnosticato precocemente, la sopravvivenza a cinque anni aumenta notevolmente e questo rende particolarmente importante identificare dei marcatori della malattia nelle fasi iniziali;

La ricerca di marcatori biologici nel sangue in grado di facilitare la diagnosi precoce non ha ancora dato i risultati sperati e i test disponibili non sono sufficientemente affidabili. I tumori ovarici sono caratterizzati da una grande variabilità di mutazioni genetiche (anche a carico del ben noto gene BRCA) che rendono difficile l’identificazione dei bersagli più efficaci per una terapia mirata. Negli ultimi anni sono stati compiuti importanti progressi nel trattamento grazie all’utilizzo di nuovi farmaci a bersaglio molecolare e sono in fase di approfondimento anche nuovi esami diagnostici.

Le strutture sanitarie italiane all'avanguardia nelle cure tumorali femminili, grazie anche all'uso della tecnologia

Intelligenza artificiale in sala operatoria, maggiore attenzione alla qualità di vita e al desiderio di gravidanza delle donne portatrici di mutazioni predisponenti ai tumori ginecologici e nuovi score di rischio per calcolare la possibilità di complicanze in caso di interventi ginecologici demolitivi. Questi e tanti altri i contributi presentati dagli esperti del Policlinico Universitario A. Gemelli Irccs e della Facoltà di Medicina e chirurgia dell'Università Cattolica al Congresso europeo di ginecologia oncologica (Esgo) che si è concluso ieri a Roma e che ha visto la partecipazione di oltre 3.800 specialisti provenienti da 115 Paesi, impegnati nel trattamento dei tumori femminili (chirurghi oncologi, radioterapisti, oncologi medici, anatomo-patologi).

"L'Ia - afferma Anna Fagotti, presidente di Esgo e del congresso, professore ordinario di Ginecologia alla Cattolica e direttore della Uoc Carcinoma ovarico del Gemelli - aiuta a pianificare meglio un intervento chirurgico, nella maniera più personalizzata possibile. Stiamo portando avanti un articolato progetto accademico, in collaborazione con altri centri internazionali come l'Ihu (Institute of Image Guided Surgery) di Strasburgo, che si declina su varie tematiche. E' possibile ad esempio individuare con maggior precisione la diffusione peritoneale di tumore ovarico attraverso l'Ia che, 'vedendo' le immagini della laparoscopia, aiuta a stabilire se la paziente sia operabile o meno. In questo modo diamo a tutte le pazienti, anche quelle più complesse, la chance di ricevere la migliore indicazione di trattamento, ovunque siano ricoverate".

Il ruolo sempre più importante dell'Intelligenza Artificiale

L'intelligenza artificiale è inoltre fondamentale per identificare i cosiddetti safety point, cioè i punti di sicurezza nel corso di un intervento chirurgico. "In questo caso - spiega Fagotti - l'Ia avverte il chirurgo impegnato nell'esecuzione di un intervento laparoscopico nel caso in cui stia commettendo un errore, un passaggio sbagliato, e dà un alert che gli permette di correggere la sua azione immediatamente per evitare complicanze". Ancora, "stiamo sfruttando l'Ia anche per effettuare delle ricostruzioni tridimensionali pre-operatorie, partendo dall'imaging (Tac o Rmn), in collaborazione con la Radiologia di Fondazione Policlinico Gemelli Irccs, diretta dalla professoressa Evis Sala, e con ricercatori dello Sheba Medical Center (Tel Aviv). Questo ci consente di pianificare l'intervento con maggior precisione, anche ricorrendo all'ausilio di esperti di altre specialità (urologi, chirurghi vascolari e gastroenterologi), nel caso in cui il tumore interessi ad esempio un grosso vaso o una parte dell'intestino".

Il Gemelli di Roma e l'Università Cattolica all'avanguardia nelle nuove cure

Durante l'Esgo 2025 è stata presentata una nuova Consensus, redatta da un gruppo di lavoro presieduto da Claudia Marchetti, professore associato di Ginecologia alla Cattolica e direttore della Uos Prevenzione dei tumori ginecologici eredo-familiari, e da Murat Gultekin, associato di Ginecologia dell'Università di Hacettepe (Turchia) e direttore del Cancer Control Department del ministero della Salute turco. "Si tratta di un documento sulle strategie di riduzione del rischio e sulla gestione delle donne che hanno una predisposizione ereditaria a sviluppare tumori dell'utero o dell'ovaio (sindrome di Lynch, mutazioni Brca e così via) - descrive Marchetti - Riguarda tutta la vita del paziente, non solo gli aspetti squisitamente clinici, ma anche tutto quello che c'è intorno alla malattia, cioè la qualità di vita e tutto quello che è possibile fare per alleviare una serie di disturbi, come i sintomi di una menopausa precoce".

La Consensus "ha stabilito che la giovane che va in menopausa precoce (per l'intervento chirurgico), in assenza di un precedente tumore del seno, può fare terapia ormonale sostitutiva senza che aumenti il rischio di comparsa di altri tumori (ad esempio al seno) - precisa Marchetti - Nelle pazienti con sintomi genito-urinari è possibile fare terapia con estrogeni locali, in sicurezza. Partendo dall'assunto che queste pazienti possano avere un ridotto potenziale riproduttivo, gli esperti della Consensus hanno valutato la possibilità e la sicurezza di un'eventuale gravidanza, spontanea o assistita, nelle donne con predisposizione ereditaria ai tumori ginecologici. Oltre alla possibilità di ricorrere a tecniche di preservazione della fertilità prima della chemioterapia, la Consensus ha stabilito che le tecniche di procreazione assistita sono sicure sia nelle donne sane portatrici di mutazioni che predispongano al tumore dell'ovaio, che in quelle con pregresso tumore del seno, perché non aumenta il rischio di recidiva. La Consensus ha stabilito anche che le pazienti con mutazione Brca e pregresso tumore del seno, qualora rimangano incinte spontaneamente, possono portare avanti in sicurezza la gravidanza".

L'intervento di pelvectomia (pelvic exenteration)

L'intervento di pelvectomia (pelvic exenteration) consiste nell'asportazione radicale degli organi pelvici (utero, tube, ovaie, retto e vescica) e viene effettuato in caso di alcune recidive di tumori ginecologici. "Un intervento molto demolitivo - ricorda Fagotti - che può essere effettuato solo in alcuni centri di riferimento super-specializzati". A fronte di un rischio intra-operatorio relativamente basso, nel post-operatorio possono verificarsi importanti complicanze in una paziente su quattro. "Noi abbiamo sviluppato un punteggio predittivo (score) del rischio - illustra l'esperta - per individuare preventivamente le complicanze alle quali potrebbe andare incontro la paziente. Questo score di rischio ci aiuta ad affrontare l'intervento e il post-operatorio con piena cognizione delle possibili complicanze, permettendoci di intercettarle tempestivamente e di gestirle al meglio". Lo studio è stato presentato da Nicolò Bizzarri della Ginecologia oncologica del Gemelli.

Al congresso Esgo sono state presentate anche le richieste dell'Ovarian cancer commitment (Occ), tra le quali la necessità di garantire un accesso omogeneo e la rimborsabilità in tutte le regioni italiane al test Hrd, contestualmente alla diagnosi del tumore ovarico. "Nel 50% di queste neoplasie - rimarca Fagotti - sono presenti i cosiddetti deficit di ricombinazione omologa (Hrd), tra i quali rientrano le mutazioni dei geni Brca1 e 2; effettuare questo test al momento della diagnosi può guidare alla scelta della terapia più efficace (Parp inibitori, anche in combinazione con farmaci anti-angiogenici), consentendoci di agire in maniera specifica. Il test Hrd deve dunque costituire il primo step di un approccio di medicina di precisione per definire la migliore cura del tumore dell'ovaio". L'esecuzione di questo test richiede piattaforme tecnologiche corredate da software speciali, presenti al momento solo in pochi centri specializzati. Il Gemelli effettua questo test per tutto il Centro Sud Italia, ma sarebbe opportuno, come chiede l'Occ, che vengano create reti laboratoristiche a livello di ogni singola regione.

"Fondamentale inoltre - conclude Fagotti - è che le pazienti affette da queste neoplasie (oltre 5.400 nuovi casi l'anno) vengano trattate presso centri di riferimento ad alti volumi". In Italia solo 3 centri operano più di 100 donne l'anno, mentre la maggior parte dei centri non supera i 20 interventi annui (come rileva il policy paper, presentato di recente da Occ) e non può dunque ottenere la certificazione Esgo. Il Gemelli da solo - riferisce una nota - fa oltre mille interventi l'anno di tumore ovarico. Occ è un'iniziativa Esgo, della Rete europea dei gruppi di advocy del cancro ginecologico (Engage) e di Astra Zeneca; ha l'obiettivo di migliorare la conoscenza di questa malattia, la qualità di vita e la sopravvivenza delle donne affette da carcinoma ovarico.

Al primo posto, naturalmente, oltre alle tecniche all'avanguardia, c'è la prevenzione, laddove l'unica strada da percorrere, come nel caso del tumore al seno, sono gli esami diagnostici specializzati.

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